I PRINCIPALI ORIENTAMENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE 2025

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ SU QUESTIONI GIURIDICHE PARTICOLARMENTE CONTROVERSE NEI DIVERSI AMBITI DEL DIRITTO CIVILE

Sentenza Numero: 1909 del 27/01/2025

Contratto di assicurazione – Polizza assicurativa decennale postuma ex art. 4 d.lgs. n. 122 del 2005 – Natura – Assicurazione contro i danni per conto di chi spetta – Conseguenze.

In tema di contratto di assicurazione, la Terza Sezione civile ha statuito che la polizza assicurativa decennale “postuma” di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 122 del 2005 (che il costruttore di un immobile da costruire ha l’obbligo di stipulare a beneficio dell’acquirente o promissario acquirente a copertura dei danni di cui sia tenuto sia responsabile ai sensi dell’art. 1669 cod. civ.) ha natura di assicurazione contro i danni per conto di chi spetta, in forza della quale è attribuita al terzo assicurato (e, di massima, non anche al contraente) la legittimazione a far valere i diritti derivanti dal contratto, pur non potendosi aprioristicamente escludere, avuto riguardo alla specifica fattispecie, la valida ed efficace attribuzione – da verificarsi di volta in volta da parte del giudice del merito, tenuto conto delle concrete determinazioni contrattuali – di una legittimazione concorrente in capo al contraente, in deroga al disposto dell’art. 1891, secondo comma, cod. civ..

In particolare, avuto riguardo alla ratio della disciplina legislativa e all’interesse superindividuale sotteso alla stipulazione (che si ripercuote sulla causa del contratto), le parti, nell’esercizio dell’autonomia contrattuale, possono prevedere una legittimazione concorrente del costruttore-contraente a far valere i diritti derivanti della polizza senza peraltro potere escludere la legittimazione, piena e primaria, dell’acquirente-assicurato.

In mancanza del presupposto “soggettivo” di applicazione della disciplina di tutela predisposta dal d.lgs. n. 122 del 2005 (circoscritta all’ipotesi in cui l’acquirente o il promissario acquirente dell’immobile costruendo sia una persona fisica), spetta al giudice del merito, in sede di interpretazione del contenuto della polizza stipulata tra le parti e di ricostruzione della comune intenzione dei contraenti, stabilire se il contratto corrisponda all’archetipo legale contemplato dall’art. 4 del d.lgs. n. 122 del 2005 – e se, dunque, la stipulazione sia stata posta in essere in adempimento dell’obbligo di contrarre prescritto da questa disposizione a beneficio di un acquirente non determinato, da individuarsi nella persona fisica a cui, nel corso del decennio di efficacia della polizza, venga eventualmente trasferito o promesso l’immobile da realizzare (nel qual caso sarebbe esclusa la legittimazione dell’attuale acquirente – soggetto diverso da persona fisica – a far valere i diritti derivanti dalla polizza); oppure se, al contrario, il costruttore, non essendo vincolato da alcun obbligo di contrarre, in considerazione della qualità soggettiva dell’attuale acquirente come società o ente collettivo, nell’esercizio della propria autonomia contrattuale abbia tuttavia liberamente proceduto a concludere un contratto di assicurazione a beneficio di quello specifico soggetto, delimitando il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa con riferimento ai danni di cui possa essere ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. (nel qual caso, l’acquirente, benché soggetto diverso da persona fisica, è comunque legittimato ad agire direttamente nei confronti dell’assicuratore).

Sentenza Numero: 5968 del 06/03/2025

CONTRATTI BANCARI – Mutuo con patti accessori di contestuale deposito irregolare della somma mutuata – Titolo esecutivo – Configurabilità.

Le Sezioni Unite Civili – in relazione alla questione rimessa dal Tribunale di Siracusa con rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. del 31/7/2024 – hanno pronunciato il seguente principio:

«Il contratto di mutuo integra titolo esecutivo a favore del mutuante in tutti i casi in cui la somma mutuata sia stata effettivamente, quand’anche con mera operazione contabile, messa a disposizione del mutuatario e questi abbia assunto l’obbligazione – univoca, espressa ed incondizionata – di restituirla. Pertanto, costituisce valido titolo esecutivo, di per sé solo e senza che occorra un nuovo atto pubblico o scrittura privata autenticata che attesti l’erogazione dell’avvenuto svincolo, anche quando vi sia contestualmente pattuizione di costituzione della somma mutuata in deposito o pegno irregolari e assunzione dell’obbligazione della mandante di svincolarla direttamente al verificarsi di quanto convenuto».

Sentenza Numero: 5841 del 05/03/2025

Mutuo “solutorio” utilizzato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario – Validità – Sussistenza – Efficacia come titolo esecutivo – Configurabilità.

Le Sezioni Unite Civili – in relazione alla questione rimessa dalla Sezione Seconda civile con l’ordinanza interlocutoria n. 18903 del 10 luglio 2024 – hanno pronunciato i seguenti principi:

«Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale.

Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo»

Sentenza Numero: 5434 del 01/03/2025

Dirigenti medici con rapporto a impegno orario ridotto – Indennità di esclusività – Natura retributiva – Conseguenze – Riproporzionamento ex art. 7, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2015 secondo il principio del “pro-rata temporis” – Applicazione – Art. 112, comma 10, c.c.n.l. dirigenza medica del 19 dicembre 2019 – Invalidità per violazione del principio di non discriminazione – Esclusione.

La Sezione Lavoro, ai sensi dell’art. 64, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa al Tribunale di Modena con la prescrizione di attenersi all’interpretazione indicata, secondo cui, per i dirigenti medici con rapporto di lavoro a impegno ridotto, l’indennità di esclusività, in quanto trattamento economico di natura retributiva, va riproporzionata ai sensi dell’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015 secondo il principio del “pro-rata temporis”, di cui all’art. 112, comma 10, del c.c.n.l. 19 dicembre 2019 dirigenza medica, norma collettiva che non contrasta con il principio di non discriminazione.

Sentenza Numero: 5089 del 26/02/2025

Atto di scissione societaria – Azione revocatoria ex art. 2901 c.c. – Competenza della sezione specializzata in materia di impresa – Ragioni – Azione revocatoria ex art. 66 l.fall – Competenza del tribunale fallimentare.

Le Sezioni Unite Civili – in relazione alla questione rimessa dalla Sezione Prima civile con l’ordinanza interlocutoria n. 24237 dell’8 agosto 2023 – hanno pronunciato i seguenti principî:

«L’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. dell’atto di scissione societaria, diretta alla declaratoria di inopponibilità del negozio al creditore, è devoluta alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa, poiché, pur non introducendo una controversia relativa a rapporti tra società, soci e organi sociali, e pur non risultando diretta ad incidere, come l’opposizione ex artt. artt. 2506-ter, 2503 e 2503-bis c.c., sulla scissione, privandola di efficacia erga omnes, investe un tipico atto dell’organizzazione societaria, che, in quanto produttivo di un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore e in quanto posto in essere in presenza delle condizioni soggettive previste alternativamente dal comma 1, nn. 1 e 2, del cit. art. 2901 c.c., entra a far parte della causa petendi dell’azione proposta, qualificando il corrispondente giudizio come relativo a un rapporto societario»;

«L’azione revocatoria ex art. 66 l. fall. dell’atto di scissione societaria è devoluta alla competenza del tribunale fallimentare, la quale prevale su quella del tribunale delle imprese».

Sentenza Numero: 4892 del 25/02/2025

RISARCIMENTO DANNI – Risoluzione anticipata del contratto per inadempimento del conduttore – Danno da mancato guadagno del locatore – Restituzione del bene locato prima della scadenza – Irrilevanza – Risarcibilità del pregiudizio -Oneri probatori del locatore – Contenuto – Applicabilità dell’art. 1591 c.c. – Esclusione.

Le Sezioni Unite Civili – in relazione alla questione ritenuta di massima di particolare importanza, già oggetto di contrasto, dalla Sezione Terza civile con l’ordinanza interlocutoria n. 31276 del 9 novembre 2023 – hanno pronunciato il seguente principio:

«Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.».

Sentenza Numero: 12838, del 13/05/2025

Sistema di cui al d.lgs. n. 374 del 1999 e al d.m. n. 485 del 2001 – Contratto di apertura di credito con carta di credito di tipo “revolving” – Fornitore convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto presso l’Ufficio Italiano Cambi – Legittimazione alla stipula – Esclusione – Conseguenze – Nullità.

La Sezione Prima civile, pronunciandosi a seguito di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., ha enunciato i seguenti principi di diritto:

a) nella vigenza del d. lgs. n. 374 del 1999 e del d.m. n. 485 del 2001, anteriormente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 141 del 2010, non è consentita l’apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo “revolving” a tempo indeterminato, a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. ex art. 3 d.lgs. n. 374 del 1999;

b) nella vigenza del d. lgs. n. 374 del 1999 e del d.m. n. 485 del 2001, anteriormente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 141 del 2010, il contratto di apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo “revolving” a tempo indeterminato, a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. ex art. 3, d.lgs. n. 374 del 1999, è nullo ex art. 1418, primo comma, c.c.

Sentenza Numero: 11455 del 30/04/2025

Domanda in rapporto di pregiudizialità logica – Actio negatoria servitutis – Contestazione del diritto di proprietà nella comparsa di risposta – Domanda di accertamento del suddetto diritto ex art. 34 c.p.c. da parte dell’attore – Formulazione nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. (ratione temporis vigente) – Ammissibilità.

Le Sezioni unite civili, in relazione alla questione rimessa dalla Seconda sezione civile con ordinanza interlocutoria n. 7846 del 2024, hanno pronunciato il principio secondo cui, in un processo sottoposto alle regole di rito previgenti alle modifiche di cui all’art. 3 comma 12, lett. i) e comma 13, lett. b), del d.lgs. n. 149 del 2022, ove, a fronte della proposizione di un’actio negatoria servitutis ex art. 949 c.c., il convenuto abbia contestato, nella comparsa di risposta, la titolarità del diritto di proprietà in capo all’attore, quest’ultimo può proporre domanda di accertamento con efficacia di giudicato del suddetto diritto non solo all’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., ma anche nella memoria di cui all’art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. (ratione temporis vigente).

Sentenza Numero: 8802 del 03/04/2025

Trasporto aereo – Domanda di compensazione e risarcimento per ritardo di volo interno – Giurisdizione – Criteri di determinazione – Convenzione di Montreal del 1999, Regolamento CE n. 261 del 2004, Regolamento UE n. 1215 del 2012.

Le Sezioni Unite civili – pronunciando sulle questioni rimesse dalle stesse Sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria n. 20103 del 22 luglio 2024 e, in precedenza, dalla Sezione Terza civile con l’ordinanza interlocutoria n. 5614 del 1° marzo 2024 – hanno affermato il seguente principio:

Conformemente a quanto statuito dalla CGUE, sentenza del 7/11/2019, C-213/18, la giurisdizione sulla domanda del passeggero di compensazione per la cancellazione o il ritardo del volo aereo in forza del Regolamento CE n. 261/2004 va determinata in base ai criteri del Regolamento UE n. 1215 del 2012 (c.d. “Bruxelles I bis”) e, dunque, spetta al giudice del domicilio del convenuto o al giudice dei fori alternativi dei luoghi di partenza o di arrivo dell’aereo, come indicati nel biglietto di trasporto, senza che assumano rilievo le disposizioni in tema di contratti conclusi dai consumatori, inapplicabili ex art. 17, par. 3, del citato Regolamento (CGUE, sentenza 11/4/2019, C-464/18); invece, in relazione alla domanda di risarcimento dei danni supplementari, si devono impiegare i criteri dell’art. 33 della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 (applicabile soltanto ai trasporti aerei internazionali e, dunque, non ai voli interni), che riguardano non solo la competenza giurisdizionale, ma anche la ripartizione territoriale tra le autorità di ciascuno Stato.

Sentenza Numero: 7299 del 19/03/2025

Frazionamento del credito – Abuso del diritto e abuso del processo – Configurabilità – Conseguenze – Improponibilità della domanda – Impossibilità di riproposizione di domanda unitaria – Decisione sulla domanda frazionata – Necessità – Regolazione delle spese.

Moltiplicazione delle azioni esecutive e pre-esecutive – Abuso del processo – Configurabilità – Conseguenze – Regolazione delle spese.

Le Sezioni Unite civili – pronunciando sulle questioni rimesse dalla Sezione Prima civile con l’ordinanza interlocutoria n. 3643 dell’8 febbraio 2024 – hanno affermato i seguenti principî:

«a) in tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria;

b) qualora non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione delle spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l’abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale.»

e, inoltre, circa l’abusivo frazionamento in relazione alla proposizione di più azioni esecutive o allo svolgimento di più attività pre-esecutive in relazione allo stesso credito, che:

«… si è di fronte non tanto ad un abusivo frazionamento della pretesa creditoria, in quanto, nel caso dei molteplici precetti o dell’ingiustificato moltiplicarsi delle azioni esecutive, l’accertamento del credito è già stato fatto, ed è nella maggior parte dei casi, definitivo, ma piuttosto ed esclusivamente ad una abusiva moltiplicazione delle azioni processuali, ad un dispiego ingiustificato dell’attività processuale che non ha altra finalità se non quella della moltiplicazione dei compensi professionali … In queste ipotesi, è naturale che la reazione dell’ordinamento si concentri a sanzionare la violazione del principio di probità processuale azionando la leva delle spese …».

Sentenza Numero: 7128 del 17/03/2025

Revocazione ex art. 391-quater c.p.c. – Presupposti – Violazione incidente sui diritti di stato della persona – Necessità – Fondamento – Conseguenze – Decisioni nazionali su domande volte a conseguire una condanna pecuniaria per equivalente – Revocabilità – Esclusione.

La Sezione Terza civile, pronunciandosi sul ricorso per revocazione ex art. 391-quater c.p.c. contro una sentenza che aveva confermato la pronuncia di rigetto di una domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, ha affermato il seguente principio di diritto:

«La nuova ipotesi di “revocazione per contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, prevista dall’art. 391-quater c.p.c., essendo stata introdotta in relazione alle decisioni passate in giudicato il cui contenuto è stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali ovvero ad uno dei suoi Protocolli, a condizione che la violazione accertata dalla Corte europea abbia pregiudicato un “diritto di stato della persona” e che l’equa indennità eventualmente accordata dalla Corte europea ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione non sia idonea a compensare le conseguenze della violazione, può essere invocata esclusivamente nei casi in cui la decisione nazionale abbia avuto ad oggetto una domanda incidente direttamente sul diritto al riconoscimento o alla negazione di uno status soggettivo personale e, quindi, la violazione accertata dalla Corte EDU abbia arrecato un pregiudizio che si risolve nella negazione o nel tardivo riconoscimento di uno status personale al quale si abbia diritto ovvero nell’illegittima attribuzione di uno status personale che si neghi di possedere, in quanto situazioni soggettive non suscettibili di tutela per equivalente; di conseguenza, la revocazione è, in ogni caso, esclusa quando la stessa domanda proposta nel giudizio definito con la sentenza passata in giudicato di cui si invoca la revocazione abbia avuto ad oggetto già essa stessa una tutela meramente risarcitoria o, comunque, per equivalente, e ciò anche se il diritto oggetto della sentenza sia un diritto fondamentale della persona, ma non di stato».

Sentenza Numero: 17668 del 30/06/2025

Termine per la notificazione degli atti impositivi – Differimento ex art. 157, comma 1, d.l. n. 34 del 2020 – Ulteriore proroga di ottantacinque giorni ex art. 67 d.l. n. 18 del 2020 – Esclusione – Ragioni.

La Sezione Tributaria, con riferimento a un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2015, notificato l’11 marzo 2022, ha enunciato il seguente principio di diritto:

«Il termine per l’effettuazione delle notifiche degli atti impositivi per i quali i termini di decadenza scadono tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020 in base alle disposizioni agli stessi riferibili, differito dall’art. 157, comma 1, d.l. n. 34/20 – norma speciale rispetto a quella di cui all’art. 12, d.lgs. n. 159/2015 – al periodo intercorrente fra il 1° marzo 2021 ed il 28 febbraio 2022, non è ulteriormente prorogato di ottantacinque giorni per effetto del disposto di cui all’art. 67 del d.l. n. 18/20, termine che infatti risulta assorbito agli effetti di cui sopra».

Sentenza Numero: 17603 del 30/06/2025

Art. 127-ter c.p.c. (nella versione anteriore alle modifiche di cui al d.lgs. n. 164 del 2024) – Sostituzione dell’udienza di discussione col deposito di note scritte – Rito del lavoro – Ammissibilità – Condizioni.

Termine giudiziale – Specificazione dell’orario – Interpretazione – A giorni – Orario di apertura delle cancellerie.

Le Sezioni unite civili, pronunciandosi sulla questione di massima di particolare importanza rimessa dalla Sezione lavoro con ordinanza interlocutoria n. 11898 del 2024, hanno affermato i seguenti principi di diritto:

  1. con riferimento all’art. 127-ter c.p.c., nella versione anteriore alle modifiche di cui al lgs. n. 164 del 2024, il provvedimento con cui giudice sostituisce l’udienza destinata alla discussione della causa col deposito di note scritte è ammissibile, nel processo del lavoro, alle seguenti condizioni: –
  2. che la sostituzione non riguardi l’udienza di discussione nella sua integralità, ma la sola fase processuale propriamente decisoria;
  3. che nessuna delle parti si opponga alla suddetta sostituzione;che non si escluda che le note scritte contengano (o possano contenere), oltre alle conclusioni e alle istanze, anche gli argomenti a difesa, così da rispondere alla funzione tecnica sostitutiva dell’oralità;
  4. nei giudizi ordinari, il termine giudiziale dato con specificazione dell’orario deve intendersi a giorni e limitato all’orario di apertura delle cancellerie fissato, in via generale, come da decreto dell’autorità giudiziaria competente.

Sentenza Numero: 17195 del 26/06/2025

Pignoramento presso terzi di canoni di locazione di un immobile – Effetti dell’assegnazione del credito pignorato – Successivo pignoramento dell’immobile locato – Rapporti tra procedure – Inefficacia sopravvenuta dell’ordinanza di assegnazione – Esclusione.

La Terza Sezione civile ha enunciato, nell’interesse della legge ex art. 363 c.p.c., il seguente principio di diritto:

«la pronuncia, all’esito di procedura di espropriazione presso terzi, di un’ordinanza di assegnazione di canoni locatizi non ancora scaduti determina l’immediato trasferimento della titolarità del relativo credito in favore del creditore assegnatario e l’immediata fuoriuscita di tale credito dal patrimonio del debitore esecutato, facendo sorgere l’obbligo del terzo assegnato ad adempiere nei confronti dell’assegnatario alle scadenze stabilite e sino a concorrenza dell’importo assegnato; la successiva effettuazione ad opera di altri creditori di un pignoramento sull’immobile produttivo dei canoni già assegnati non attinge questi ultimi, non priva di efficacia l’ordinanza di assegnazione e non consente agli organi della procedura esecutiva immobiliare ad adottare statuizioni incidenti su tali canoni».

Sentenza Numero: 14488 del 30/05/2025

Domanda di “deindicizzazione” da motore di ricerca – Diritto all’oblio – Bilanciamento con il diritto di cronaca giudiziaria – Presupposti – Censurabilità in cassazione – Ammissibilità – Condizioni – Fondamento.

La Sezione Prima civile, nell’ambito di un giudizio volto ad ottenere la deindicizzazione da un motore di ricerca di notizie afferenti a una pregressa vicenda giudiziaria (all’esito della quale l’interessato era stato assolto dall’accusa di appartenenza a un’associazione di tipo mafioso, con sentenza della Corte di cassazione susseguente alla condanna in secondo grado), ha affermato che, nel giudizio di bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca giudiziaria, la valutazione del giudice di merito è censurabile in cassazione ove i motivi di doglianza, lungi dall’investire l’accertamento del fatto nella sua materialità storica, riguardino la correttezza del metodo seguito nonché il rispetto dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità, poiché, essendo coinvolto il diritto fondamentale al controllo dell’insieme delle informazioni che definiscono l’immagine “sociale” (la cd. autodeterminazione informativa), l’atteggiarsi del singolo fatto concreto finisce con il penetrare nel cuore stesso delle valutazioni, concorrendo a determinare il senso o il verso del bilanciamento, il quale presuppone un complesso giudizio nel quale assumono rilievo decisivo la notorietà dell’interessato, il suo coinvolgimento nella vita pubblica, l’oggetto della notizia e il tempo trascorso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di deindicizzazione, sul presupposto che la conservazione in rete di articoli che si riferivano all’accusa di affiliazione a un’organizzazione criminale non potesse ritenersi giustificata in considerazione della diversa condanna per usura riportata dal soggetto – della quale, peraltro, non si faceva cenno in tre dei quattro articoli in questione -, tanto più che non era stata corredata da un aggiornamento che desse conto dell’intervenuta assoluzione).

Sentenza Numero: 15087 del 05/06/2025

Impugnazione di delibera sociale – Ricorso per cassazione – Successiva perdita della qualità di socio – Rilevanza – Esclusione – Fondamento.

Società per azioni – Recesso – Natura – Efficacia – Revoca della delibera che lo legittima – Condizione risolutiva – Riacquisto ex tunc dello status di socio – Legittimazione ad impugnare la delibera di revoca – Ammissibilità.

La Sezione Prima civile ha affermato i seguenti principi di diritto:

«Nel giudizio di legittimità, ove il socio che abbia impugnato la delibera sociale venga a perdere la qualità di socio per una cessione delle azioni attuatasi dopo la proposizione, da parte sua, del ricorso per cassazione, non trova applicazione l’art. 2378, comma 2, c.c.».

«In tema di società per azioni, in base all’art. 2437-bis, comma 3, c.c. il recesso costituisce un negozio giuridico unilaterale recettizio, che produce i suoi effetti nel momento in cui viene portato a conoscenza della società e che è subordinato alla condizione risolutiva rappresentata alternativamente dall’intervento, nel termine di novanta giorni ivi previsto, della revoca della delibera che lo legittima e dallo scioglimento della società; in ragione della deliberazione di revoca o di scioglimento il socio receduto riacquista ex tunc lo status di socio, comprensivo della legittimazione a impugnare a norma degli artt. 2377 e 2378 c.c. tale deliberazione, al pari delle altre che siano state adottate a seguito del proprio recesso».

Sentenza Numero: 15075 del 05/06/2025

Procreazione medicalmente assistita eseguita all’estero – Figlio nato in Italia da madre italiana – Status di figlio.

La Sezione Prima civile ha affermato che, in caso di concepimento all’estero mediante l’impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, è illegittimo il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di indicare nell’atto di nascita del bambino, nato in Italia, non solo il nome della madre biologica, ma anche quello della madre intenzionale, legata alla prima da una relazione sentimentale e con la quale ha condiviso il progetto genitoriale. Tale decisione è sorretta dalla sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8 della l. n. 40 del 2004, nella parte in cui non prevede che anche il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale (Corte cost., sentenza n. 68 del 2025).

Pur confermando la sentenza impugnata, la S.C. ne ha corretto la motivazione, rilevando che alla soluzione favorevole al riconoscimento della genitorialità, sin dalla nascita, della madre intenzionale, non poteva pervenirsi – prima della pronuncia di incostituzionalità – per via di interpretazione, sia pure evolutiva o costituzionalmente conforme, atteso l’insormontabile ostacolo dell’univoco tenore letterale dell’enunciato normativo, poiché nel nostro sistema il giudice comune non è un interprete totalmente libero, ben potendo attribuire al testo una portata in linea con l’evoluzione del contesto valoriale emergente dalla Costituzione e dalle Carte sui diritti, ma senza stravolgere i significati potenzialmente ricavabili dal testo, sostituendosi inammissibilmente alla volontà del legislatore democraticamente eletto.

Sentenza Numero: 14986 del 04/06/2025

Giudizio di cassazione: Art. 380 bis c.p.c., nel testo riformato dal d.lgs. n. 164 del 2024.

Le Sezioni unite civili, in relazione alla questione dell’applicabilità delle modifiche apportate all’art. 380 bis c.p.c. dal d.lgs n. 164 del 2024 ai giudizi pendenti, hanno affermato che:

  • l’art. 380 bis c.p.c. nel testo modificato dal d.lgs n. 164 del 2024 e, di conseguenza, la soppressione del requisito della nuova procura speciale, si applica anche ai giudizi di cassazione introdotti con ricorso notificato prima dell’1.1.2023 ove, a tale data, non sia stata fissata l’adunanza camerale o l’udienza pubblica, essendo le disposizioni processuali del d.lgs. n. 164 del 2024, per la loro particolare funzione correttiva e/o integrativa, destinate a saldarsi a quelle del d.lgs. n. 149 del 2022, completando l’intervento di riforma con norme rivolte a correggerne ed integrarne le previsioni e dovendosi preferire l’interpretazione orientata a non differenziare l’entrata in vigore delle modifiche adottate dal d.lgs. 164/2024 rispetto alle corrispondenti previsioni del giudizio di legittimità introdotte dal decreto Cartabia;
  • in forza del principio tempus regit actum l’applicabilità della modifica, nell’ambito dei giudizi in corso, va, tuttavia, limitata ai soli atti posti in essere dopo l’entrata in vigore delle disposizioni modificative, dovendo intendersi per “actus”, con riferimento all’art. 380 bis c.p.c., l’istanza di decisione la quale, se formulata in relazione ai procedimenti nei quali al 26.11.2024 – data di entrata in vigore del d.lgs. 164/2024 – era già scaduto il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione per richiedere la decisione, doveva essere corredata da una nuova procura speciale. Nei procedimenti di definizione accelerata il cui termine per richiedere la decisione sia scaduto dopo il 26.11.2024, deve applicarsi la nuova formulazione dell’art. 380 bis c.p.c., ormai in vigore e, quindi, l’eventuale carenza della nuova procura speciale non è di ostacolo per l’esame e la decisione del ricorso in adunanza camerale o in pubblica udienza, risultando superflua una nuova istanza che, dato il mutato quadro normativo, non richiederebbe il deposito di una nuova procura;
  • nei processi cui si applica la precedente formulazione dell’art. 380 bis c.p.c., la mancanza della nuova procura conduce ad una pronuncia di estinzione del giudizio ex art. 391 c.p.c. – con possibilità di proporre istanza ai sensi dell’art. 391, comma terzo, c.p.c. per la verifica sulla regolarità della statuizione adottata – per un impedimento di carattere processuale (la mancanza di una rituale richiesta di decisione) intervenuto in una fase successiva alla proposta stessa, non potendosi ritenersi che la causa sia stata definita in conformità con la proposta di manifesta inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza ai sensi del terzo comma dell’art. 380 bis c.p.c., atteso che non può logicamente sussistere conformità tra la soluzione prospettata nella proposta e l’esito del giudizio determinato dall’assenza di un successivo requisito formale che condiziona la possibilità di ottenere la decisione, esito che necessariamente prescinde dalle ragioni della proposta.

Sentenza Numero: 13200 del 18/05/2025

Responsabilità civile da diffamazione a mezzo stampa – Erronea attribuzione della qualità di imputato anziché di indagato ovvero di un fatto diverso da quello per cui si indaga – Esimente del diritto di cronaca giudiziaria – Configurabilità – Esclusione – Eccezione.

Le Sezioni unite civili, pronunciandosi sulla questione di massima di particolare importanza – nonché oggetto di contrasto tra la giurisprudenza delle Sezioni civili e penali della Corte – rimessa dalla Sezione prima civile con ordinanza interlocutoria n. 12239 del 2024, hanno affermato il seguente principio di diritto:

«in tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esimente del diritto di cronaca giudiziaria, qualora la notizia sia mutuata da un provvedimento giudiziario, non è configurabile ove si attribuisca ad un soggetto, direttamente o indirettamente, la falsa posizione di imputato, anziché di indagato (anche per essere riferita un’avvenuta richiesta di rinvio a giudizio, in luogo della reale circostanza della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis c.p.p.) e/o un fatto diverso nella sua struttura essenziale rispetto a quello per cui si indaga, idoneo a cagionare una lesione della reputazione (come anche nel caso di un reato consumato in luogo di quello tentato), salvo che il giudice del merito accerti che il contesto della pubblicazione sia tale da mutare, in modo affatto chiaro ed inequivoco, il significato di quegli addebiti altrimenti diffamatori».

Sentenza Numero: 24172 del 29/08/2025

Sentenza di primo grado che decide la controversia nel merito – Omessa pronuncia su vizio processuale rilevabile d’ufficio – Impugnazione sul punto – Necessità – Omissione – Conseguenze – Giudicato interno sulla questione – Sussistenza – Fondamento – Eccezioni.

Le Sezioni unite civili, pronunciandosi sulla questione, oggetto di contrasto nella giurisprudenza delle Sezioni semplici, rimessa dalla Terza Sezione civile con ordinanza interlocutoria n. 17925 del 2024, hanno affermato il seguente principio di diritto:

«qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare espressamente su un vizio processuale rilevabile d’ufficio (in base alla norma del processo o desumibile dallo scopo di interesse pubblico, indisponibile dalle parti, sotteso alla norma processuale che stabilisce un requisito formale, prescrive un termine di decadenza o prevede il compimento di una determinata attività), la parte che abbia interesse a far valere detto vizio è onerata di proporre, nel grado successivo, impugnazione sul punto, la cui omissione determina la formazione del giudicato interno sulla questione processuale in applicazione del principio di conversione del vizio in motivo di gravame ex art. 161, comma primo, c.p.c., rimanendo precluso tanto al giudice del gravame, quanto alla Corte di cassazione, il potere di rilevare, per la prima volta, tale vizio ex officio. A tale regola si sottraggono, così da consentire al giudice dei gradi successivi di esercitare il potere di rilievo officioso, i vizi processuali rilevabili, in base ad espressa previsione legale, “in ogni stato e grado” e i vizi relativi a questioni “fondanti”, la cui omessa rilevazione si risolverebbe in una sentenza inutiliter data, ovvero le ipotesi in cui il giudice abbia esternato la propria decisione come fondata su una ragione più liquida, che impedisce di ravvisare una decisione implicita sulla questione processuale implicata)».

Sentenza Numero: 23876, del 26/08/2025

Abusiva reiterazione di contratti a termine – Indennità risarcitoria ex art. 32, comma 5, l. n. 183 del 2010 – Indennità di disoccupazione ex art. 45, terzo comma, r.d.l. n. 1827 del 1935 – Cumulabilità – Ragioni.

Le Sezioni unite civili, pronunciandosi sulla questione rimessa dalla Sezione Lavoro con ordinanza n. 22985 del 2024, hanno affermato che, nel caso di accertamento della nullità del termine di durata del rapporto di lavoro – con conseguente ricostituzione ex tunc dello stesso e riconoscimento al lavoratore dell’indennità risarcitoria ex art. 32, comma 5, l. n. 183 del 2010 -, per il periodo intercorrente tra la scadenza del termine nullo e la sentenza dichiarativa di tale nullità è dovuta l’indennità di disoccupazione ex art. 42, terzo comma, r.d.l. n. 1827 del 1935, la quale risponde ad una funzione previdenziale (volta a porre rimedio alla situazione di bisogno conseguente alla perdita della retribuzione) del tutto diversa rispetto a quella, attinente al piano del rapporto di lavoro, sottesa alla corresponsione dell’indennità ex art. 32, comma 5, citato (ispirata, invece, alla finalità di forfettizzare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, quale integrazione della garanzia della conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato).

Sentenza Numero: 23093 del 11/08/2025

Rinuncia abdicativa – Natura – Atto unilaterale non recettizio – Contenuto – Effetti – Meritevolezza dell’interesse perseguito – Finalità egoistica – Nullità o abuso del diritto – Esclusione – Fondamento.

Le Sezioni Unite, pronunciandosi in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., hanno affermato i seguenti principi di diritto:

– «la rinuncia alla proprietà immobiliare è atto unilaterale e non recettizio, la cui funzione tipica è soltanto quella di dismettere il diritto, in quanto modalità di esercizio e di attuazione della facoltà di disporre della cosa accordata dall’art. 832 c.c., realizzatrice dell’interesse patrimoniale del titolare protetto dalla relazione assoluta di attribuzione, producendosi ex lege l’effetto riflesso dell’acquisto dello Stato a titolo originario, in forza dell’art. 827 c.c., quale conseguenza della situazione di fatto della vacanza del bene. Ne discende che la rinuncia alla proprietà immobiliare espressa dal titolare ‹‹trova causa››, e quindi anche riscontro della meritevolezza dell’interesse perseguito, in sé stessa, e non nell’adesione di un ‹‹altro contraente›»;

– «Allorché la rinuncia alla proprietà immobiliare, atto di esercizio del potere di disposizione patrimoniale del proprietario funzionalmente diretto alla perdita del diritto, appaia, non di meno, animata da un «fine egoistico», non può comprendersi tra i possibili margini di intervento del giudice un rilievo di nullità virtuale per contrasto con il precetto dell’art. 42, secondo comma, Cost., o di nullità per illiceità della causa o del motivo: ciò sia perché le limitazioni della proprietà, preordinate ad assicurarne la funzione sociale, devono essere stabilite dal legislatore, sia perché non può ricavarsi dall’art. 42, secondo comma, Cost., un dovere di essere e di restare proprietario per «motivi di interesse generale». Inoltre, esprimendo la rinuncia abdicativa alla proprietà di un immobile essenzialmente l’interesse negativo del proprietario a disfarsi delle titolarità del bene, non è configurabile un abuso di tale atto di esercizio della facoltà dominicale di disposizione diretto a concretizzare un interesse positivo diverso da quello che ne giustifica il riconoscimento e a raggiungere un risultato economico non meritato».

Sentenza Numero: 22802 del 07/08/2025

Diritto del lavoratore alla costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e ss.mm. – Prescrizione – Individuazione del momento in cui il termine di prescrizione inizia a decorrere per i soggetti che possono chiedere la costituzione della rendita.

Le Sezioni unite civili, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato il seguente principio di diritto:

«Ai fini dell’esercizio della facoltà di chiedere all’Inps la costituzione della rendita vitalizia riversibile disciplinata dall’art. 13, comma 1, della legge n. 1338 del 12 agosto 1962 il termine di prescrizione decorre, per il datore di lavoro, dalla intervenuta prescrizione dei contributi; la rendita chiesta dal lavoratore ai sensi dell’art. 13, comma 5, della legge citata inizia a prescriversi da quando si è prescritto il diritto del datore di lavoro di chiedere la costituzione della rendita ai sensi dell’art. 13, comma 1, della legge n. 1338 del 1962».

Sentenza Numero: 20805 del 23/07/2025

Domanda di pagamento di una somma determinata di denaro – Istanza di condanna alternativa al «diverso importo che dovesse risultare dovuto in corso di causa» – Rigetto integrale della domanda – Liquidazione delle spese di lite – Scaglione corrispondente alla somma specificamente indicata dall’attore – Applicabilità – Condizioni.

Le Sezioni unite civili, pronunciandosi sulla questione oggetto di contrasto, rimessa su istanza di parte ai sensi dell’art. 376, secondo comma, c.p.c., hanno affermato il seguente principio di diritto:

«In una causa relativa a somma di denaro (nella specie, a titolo di risarcimento di danni), qualora la domanda attrice, che contempli la richiesta di pagamento di un determinato importo, contenga anche la generica istanza “ovvero nel diverso importo che dovesse risultare dovuto in corso di causa, e/o comunque nel diverso importo che dovesse essere liquidato dal giudice con valutazione equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c.” ( o similare), in caso di integrale rigetto della domanda, la liquidazione delle spese di lite in favore della parte vittoriosa deve avvenire sulla base dello scaglione corrispondente alla somma specificamente indicata dall’attore, ove lo stesso attribuisca compensi superiori rispetto a quelli accordati per le cause di valore indeterminabile».

Sentenza Numero: 20387 del 21/07/2025

Trattamento dei dati personali – Servizio giornalistico corredato da fotografie di indagato in stato di arresto – Assimilabilità ad immagine fotosegnaletica – Esclusione – Assenza del consenso dell’interessato – Esimente del diritto di cronaca giudiziaria – Presupposti.

La Sezione Prima civile, decidendo un ricorso proposto dal Garante per la protezione dei datti personali nei confronti di una società editoriale di rilevanza nazionale che aveva pubblicato un servizio giornalistico contenente le immagini fotografiche di un indagato in stato di arresto, reperibili anche sul sito internet gestito dalla stessa società, ha affermato i seguenti principi di diritto:

1) ai fini dell’art. 137 del d.gs n. 196 del 2003 (c.d. Codice della privacy) – norma che autorizza il trattamento dei dati personali nell’ambito dell’attività giornalistica anche senza il consenso dell’interessato (da valutarsi alla luce di quanto previsto dal d.m. attuativo del 31 gennaio 2019, contenente regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 e della delibera del Garante del 29 novembre 2018, con particolare riferimento agli artt. 6, 8 e 12) – la pubblicazione, a corredo di un articolo di cronaca giudiziaria, di immagini di persone con il logo “Polizia” non può essere, di per sé, equiparata a un’immagine fotosegnaletica, che si caratterizza invece per essere una foto di fronte, di profilo e recante il numero di matricola e i dati biometrici;

2) il trattamento di dati personali effettuato dall’editore, attraverso la pubblicazione delle fotografie dei soggetti indagati a corredo dell’articolo di cronaca giudiziaria che li vede protagonisti, è da ritenersi lecito laddove, sebbene avvenuto in difetto del consenso degli effigiati, soddisfi la condizione di essenzialità dell’informazione rispetto a fatti di interesse pubblico per finalità giornalistiche (artt. 136, 137 del d.lgs. n. 196 del 2003) e non risulti lesivo della dignità personale.

Sentenza Numero: 20132 del 18/07/2025

Ex coniuge titolare di assegno divorzile – Diritto ad una quota del TFR ex art. 12 bis l. n. 898 del 1970 – Conferimento del TFR in fondo di previdenza complementare – Esclusione – Possibile incidenza sulla quantificazione dell’assegno divorzile – Condizioni.

La Sezione Prima civile, affrontando una controversia relativa agli effetti economici derivanti dalla pronuncia di cessazione degli effetti civile del matrimonio, nella quale, in particolare, si discuteva del diritto dell’ex coniuge titolare di assegno divorzile di percepire una quota del TFR dovuto all’ex coniuge obbligato, pur se questi – prima dell’inizio del giudizio di divorzio – aveva destinato l’indennità di fine rapporto ad un fondo di previdenza complementare, ha stabilito che il disposto dell’art. 12 bis l. n. 898 del 1970, nella parte in cui attribuisce al coniuge titolare dell’assegno divorzile, che non sia passato a nuove nozze, il diritto ad una quota dell’indennità di fine rapporto dell’altro coniuge, non si applica agli atti di disposizione del TFR consentiti dall’ordinamento, quali sono i conferimenti in un fondo di previdenza complementare del TFR già maturato, ove siano eseguiti prima della proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, fermo restando che le eventuali prestazioni di previdenza complementare successivamente conseguite per effetto di tali conferimenti, in presenza degli altri requisiti di legge, possono incidere sulla quantificazione o sulla modifica dell’assegno divorzi

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